Vito Bardi
Presidente della Regione Basilicata
Emilio Colombo, la Basilicata e il regionalismo
Per noi lucani ricordare Emilio Colombo ha un significato particolare.
Nessun altro lucano e pochi altri italiani possono vantare il curriculum di questo grande statista: fu, giovanissimo, uno dei padri della Repubblica, gli uomini e le donne che negli anni fra il 1945 e il 1947 diedero vita a quel grande “confronto tra culture e visioni politiche diverse”, come egli stesso aveva definito il percorso da cui nacque la Costituzione; fu un esponente di primo piano della Dc e un protagonista assoluto della scena politica e istituzionale per oltre cinquant’anni, mostrando sempre una pacatezza e una disponibilità al confronto che forse non ha eguali nel panorama politico di quel tempo; ebbe un ruolo determinante nelle politiche di sviluppo del Mezzogiorno e nell’avvio del percorso di integrazione europea; fu più volte sottosegretario di Stato e ministro, presidente del Consiglio dei ministri e presidente del Parlamento europeo; questa sua lunga e significativa esperienza al servizio delle istituzioni gli fu riconosciuta da Carlo Azeglio Ciampi che infine lo nominò senatore a vita.
Emilio Colombo fu tutto questo. Eppure, neppure per un attimo durante la lunghissima vicenda politico istituzionale che lo vide protagonista, dimenticò il legame con la Basilicata, la piccola – grande regione in cui era nato l’11 aprile del 1920 e in cui amava tornare e trattenersi nella sua casa a due passi da via Pretoria a Potenza. E il legame con la Basilicata, oltre ad essere il legame con le sue radici, era probabilmente anche un elemento importante per la sua idea del rapporto fra le istituzioni e il territorio.
Toccò proprio a lui, in qualità di presidente del Consiglio dei ministri, il compito di firmare il 22 maggio del 1971 il primo Statuto della Regione Basilicata e successivamente quelli di altre Regioni a Statuto ordinario. Ma il tema dell’articolazione democratica dello Stato, e della sua capacità di aderire ai bisogni dei cittadini attraverso nuove forme amministrative, era stato al centro dei suoi studi e della sua azione politica sin dal dibattito nella Costituente, quando le posizioni apertamente stataliste si scontravano con le idee di Sturzo sul regionalismo e sul decentramento amministrativo e Colombo, come molti ricordano, difese le ragioni del regionalismo in un famoso confronto con Francesco Saverio Nitti.
“… Le Regioni sono state finora una rivoluzione incompiuta dell’ordinamento statale italiano. Pensate come il vestito con il quale dare forma all’autonomismo che è stato il lascito del popolarismo sturziano e del pensiero mazziniano, esse sono state collocate per anni nel limbo delle riforme future…”, disse lo stesso Colombo nel corso di una manifestazione tenuta a Potenza il 14 giugno 2010 per ricordare i 40 anni della Regione. “… Oggi le Regioni, 40 anni dopo – aggiunse il grande statista -, appaiono ancora in cerca di una definizione, mentre si affaccia con una notevole dose di ambiguità il tema del federalismo, un tema che mette in discussione ruoli e poteri delle Regioni storiche, che apre le porte ad una organizzazione macroregionale in luogo dei 19 distretti regionali attualmente operanti, distretti spesso privi di un coordinamento e di una cabina di regia soprattutto nel tempo della economia globalizzata che pretende interlocutori forti ed omogenei. Nel tempo del federalismo se saranno superate le strettoie e le pesanti contraddizioni di una stretta economica e finanziaria così drammatica, occorrerà che il tema del regionalismo venga ripensato, collocato in una nuova prospettiva. In essa dovrà essere trovata una nuova soglia di sostenibilità tra i poteri statali e sovrastatali, cioè europei, e le autonomie con lo Stato posizionato come istituzione intermedia nel rapporto tra doveri globali e poteri locali…”.
Colombo in questo suo discorso del 2010 si riferiva ad una fase politica e sociale molto diversa da quella attuale. Eppure anche oggi, mentre l’Italia e il mondo sono alle prese con questa inedita emergenza sanitaria, il tema del rapporto fra lo Stato, le Regioni e le istituzioni europee torna ad essere di stringente attualità. Molte Regioni, e certamente fra queste anche la Basilicata, hanno mostrato in questa emergenza quanto sia importante per la vita dei cittadini un presidio istituzionale che sappia ascoltare le istanze sociali e tradurle in politiche pubbliche, piani, programmi per meglio tutelare la salute, aiutare chi non ce la fa e garantire sviluppo e benessere. È un compito non facile, al quale penso che la nostra Regione possa assolvere facendosi guidare dall’equilibrio e dalla temperanza che Emilio Colombo ha sempre indicato come le virtù principali della democrazia.
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